UniCredit rinuncia a Banco BPM: il Golden Power blocca la fusione e accende il dibattito

UniCredit alza bandiera bianca nella corsa per acquisire Banco BPM, ponendo fine a una delle operazioni più attese nel panorama bancario italiano. La decisione, annunciata martedì sera dopo un lungo consiglio di amministrazione, è arrivata come un fulmine a ciel sereno, con la banca di Piazza Gae Aulenti che punta il dito contro le restrizioni imposte dal governo italiano tramite il cosiddetto “Golden Power”. Ma cosa è successo davvero, e quali sono le implicazioni per il futuro del settore bancario?

FINANZA

7/23/20253 min read

Un’offerta ambiziosa

Lanciata a novembre 2024, l’offerta di UniCredit per Banco BPM, valutata 10,1 miliardi di euro in azioni, mirava a creare un colosso bancario in grado di rafforzare la posizione dell’Italia nel panorama finanziario europeo. L’operazione, guidata dal CEO Andrea Orcel, prometteva sinergie significative e un’accelerazione nel consolidamento del settore, un obiettivo che UniCredit considera cruciale per il Paese e per l’Europa.

Ma il percorso si è rivelato accidentato. Il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha opposto resistenza, invocando il “Golden Power”, uno strumento che consente di imporre condizioni o bloccare operazioni ritenute strategiche per l’interesse nazionale. Tra le richieste, l’uscita di UniCredit dalle operazioni in Russia e il mantenimento del rapporto prestiti-depositi e della rete di filiali di Banco BPM in Lombardia e Veneto. Secondo UniCredit, queste condizioni, unite all’insistenza dei vertici di BPM nel richiederle, hanno impedito un dialogo aperto con gli azionisti di Banco BPM, trasformando l’offerta in un’impresa impraticabile.

Un’occasione mancata?

Nelle parole di Orcel traspare amarezza: “La mia responsabilità è agire nell’interesse di UniCredit e dei nostri azionisti. L’incertezza sul Golden Power non giova a nessuno, quindi abbiamo deciso di ritirare l’offerta”. Gli fa eco il presidente Pietro Carlo Padoan, che ha definito la situazione “insostenibile” e l’operazione una “combinazione che avrebbe portato enorme valore aggiunto per tutte le parti coinvolte”. UniCredit non nasconde la delusione, sottolineando che il fallimento dell’operazione è “un’opportunità mancata non solo per gli stakeholder di BPM, ma per l’intera economia italiana”.

Il ritiro è arrivato poche ore dopo che Consob, l’autorità di vigilanza sui mercati, aveva sospeso l’offerta per 30 giorni, citando “incertezze” legate al Golden Power. Sebbene il TAR del Lazio avesse recentemente revocato due delle quattro condizioni imposte dal governo, i tempi per una risoluzione definitiva si sarebbero protratti ben oltre la scadenza dell’offerta, fissata per il 23 luglio. UniCredit ha scelto di non aspettare, invocando la clausola che le consentiva di ritirarsi se le condizioni del Golden Power non fossero state soddisfatte.

Le reazioni e il contesto

La notizia ha scosso Piazza Affari, con le azioni di Banco BPM in calo dopo l’annuncio, riflettendo la delusione degli investitori che speravano in un rilancio dell’offerta. UniCredit, invece, ha registrato un rialzo, aiutata anche dalla pubblicazione di risultati trimestrali migliori del previsto, con un utile netto di 2,9 miliardi di euro (3,3 miliardi includendo voci straordinarie) e una revisione al rialzo delle previsioni per il 2025, ora stimate a 10,5 miliardi di euro.

Sul fronte politico, la vicenda ha riacceso il dibattito sull’uso del Golden Power. La Commissione Europea aveva già criticato l’Italia, accusandola di violare le regole di mercato con condizioni ritenute eccessive, come l’obbligo di uscire dalla Russia. Matteo Renzi, tra i primi a denunciare un abuso dello strumento, ha definito la decisione del governo un ostacolo alla libertà di mercato. Intanto, il governo Meloni difende la sua posizione, sottolineando l’importanza di proteggere gli interessi nazionali, anche a scapito di una fusione che avrebbe potuto creare un terzo polo bancario con Monte dei Paschi di Siena.

Cosa succede ora?

Per UniCredit, il ritiro non segna la fine delle ambizioni. Orcel, in un’intervista a Milano Finanza, ha definito l’offerta un “fardello” che impediva alla banca di concentrarsi sui propri obiettivi. La banca guarda già altrove, con un occhio a Commerzbank in Germania, dove detiene una partecipazione del 9,9% e dove le tensioni con il governo tedesco sono già palpabili. “Continueremo a battere record con determinazione”, ha promesso Orcel, lasciando intendere che nuove opportunità potrebbero presentarsi, ma solo in un contesto più favorevole.

Per Banco BPM, il futuro è meno chiaro. L’ostilità all’offerta di UniCredit e il ruolo di Credit Agricole, azionista di riferimento con una quota salita al 15%, suggeriscono che la banca potrebbe cercare altre strade per crescere, forse in direzione di Monte dei Paschi, come auspicato dal governo. Tuttavia, gli azionisti di BPM, privati del dialogo promesso da UniCredit, potrebbero chiedersi se hanno perso un’occasione unica.

Una lezione per il futuro

La vicenda UniCredit-Banco BPM è un monito per il settore bancario europeo: il consolidamento, pur necessario, si scontra spesso con barriere politiche e regolamentari. In un contesto globale sempre più competitivo, l’Italia rischia di perdere terreno se gli interessi nazionali soffocano le opportunità di crescita. Per ora, UniCredit volta pagina, ma il dibattito sul Golden Power e sul futuro delle banche italiane è tutt’altro che chiuso.